Dicembre 2021 – Condono edilizio

Dicembre 2021 – Condono edilizio

In relazione al concetto di completamento dell’opera rilevante ai fini della assoggettabilità temporale del manufatto al condono edilizio il Consiglio di Stato ha chiarito che occorre fare riferimento all’art. 31, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, i cui principi devono ritenersi valevoli anche per i la disciplina dei condoni successivi.

In base a detta normativa, “si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e ultimata la copertura“. Per gli edifici residenziali, “la nozione di ultimazione deve intendersi riferita ad una costruzione completa nelle sue strutture essenziali che la individuano, sotto il profilo tecnico, edilizio ed urbanistico”.

Il Consiglio di Stato, richiamando l’orientamento della giurisprudenza, ha ulteriormente precisato che “il concetto di ultimazione dei lavori rilevanti ai fini della condonabilità delle opere edilizie abusive presuppone, oltre il completamento della copertura, l’esecuzione del “rustico”, da intendersi come la muratura di tamponatura priva di rifiniture”. (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 28 settembre 2021, n.6525).

Ciò posto, l’onere di provare che l’opera è stata realizzata in epoca utile per fruire del beneficio incombe su chi richiede il condono edilizio in quanto, “mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l’abuso sia stato realizzato entro la data prevista (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, 4075)”. D’altronde, “non può il richiedente il condono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferendo il suddetto onere di prova contraria in capo all’amministrazione. (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. II, 30 aprile 2020 n. 2766)”.

L’anteriorità del manufatto rispetto alla data ultima di realizzazione dell’immobile influisce dunque sulla legittimità del provvedimento di diniego del condono, pertanto, quest’ultima deve essere provata ex art. 2697 c.p.c. dalla parte ricorrente, costituente, peraltro, in applicazione del principio di vicinanza della prova, “l’unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova in grado di prevedere con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 20 gennaio 2020 n. 454)”. (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 28 settembre 2021, n. 6525).

 

Il Condono edilizio nelle aree vincolate.

Nelle aree vincolate il tipo di vincolo insistente sull’immobile o sull’area condiziona la concessione del condono. Sul punto, due recenti pronunce del Consiglio di Stato hanno definito i limiti per accedere al condono edilizio per gli abusi realizzati nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico e idrogeologico.

In particolare, nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, i Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che “devono intendersi espressamente escluse dal condono edilizio le opere realizzate successivamente alla istituzione del vincolo e che conseguentemente “sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l’esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica” (Consiglio di Stato, sezione IV, n. 1528 del 2018). Pertanto, la asserita conformità dell’opera contestata agli strumenti urbanistici non è rilevante, attesa la sussistenza del vincolo nell’area di interesse”. (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 12 luglio 2021, n.5262).

Ciò posto,  “nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali” (Consiglio di Stato sezione, VI n. 425 del 2020)” in quanto il condono è concesso a condizione che il vincolo sia stato apposto successivamente alla realizzazione dell’opera.

Le cose possono cambiare laddove l’area o l’immobile siano sottoposti a vincolo ideologico. Infatti, nella recente sentenza 1° settembre 2021, n. 6140 il Consiglio di Stato ha affermato che “le opere soggette a vincolo idrologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto successivamente alla presentazione dell’istanza di condono, senza che residui alcun “diaframma” di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive”. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 1° settembre 2021, n. 6140).

Difatti, come argomentato nella sentenza in menzione, sebbene la presenza di un vincolo idrologico non determini l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire il rilascio dell’autorizzazione da parte della competente Amministrazione in aggiunta al titolo abilitativo edilizio prima della realizzazione dell’intervento.

A conferma di quanto detto, la normativa intervenuta successivamente in materia di condono edilizio (art. 32, comma 27, lettera d, d.l. n. 269/2003, c.d. terzo condono) ha fissato limiti più stringenti rispetto ai precedenti primo e secondo condono di cui alle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994, precludendo quindi la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria.