FEBBRAIO 2024 Il rapporto tra pianificazione urbanistica, edilizia ed ambiente – Considerazioni conclusive sulle prospettive del “governo del territorio”

Il rapporto tra pianificazione urbanistica, edilizia ed ambiente

 

Strettamente connesso agli obiettivi di riduzione del consumo di suolo e di rigenerazione urbana e territoriale è il rapporto tra pianificazione urbanistica, edilizia ed ambiente: questo poiché tali obiettivi da un lato caratterizzano, come si è visto e come si vedrà, l’evoluzione delle politiche per il governo del territorio, dall’altro trovano la loro ratio e finalità proprio in quell’esigenza di sostenibilità ambientale che ormai sotto vari ambiti impone alle generazioni presenti di perseguire uno sviluppo secondo un approccio in grado di salvaguardare quelle future.

 

In termini generali deve ricordarsi, invero, che il termine «sostenibilità» è stato introdotto nel corso della prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente del 1972, per poi essere codificato nel 1987, con la pubblicazione del cosiddetto rapporto Brundtland: tale documento ha definito come sostenibile un modello di sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Una definizione nata dalla presa di coscienza che le risorse del Pianeta non sono infinite, vanno preservate con cura, senza sprechi, rispettando ecosistemi e biodiversità[1].

 

Dal punto di vista connesso alla materia del governo del territorio e, precipuamente, alla legge regionale lombarda, occorre porre l’attenzione sulla Parte I («PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO») della L.R. n. 12/2005 ed al più volte menzionato articolo 2 («Correlazione tra gli strumenti di pianificazione territoriale»), che – come già ricordato – al comma quinto precisa che «il governo del territorio si caratterizza per:

[…]

c bis) la riduzione del consumo di suolo, la rigenerazione territoriale e urbana.

c ter) la sostenibilità ambientale e, in particolare, il risparmio di risorse territoriali, ambientali ed energetiche e il riuso di materia in un’ottica di economia circolare».

 

Se la lettera c-bis) – come visto – menziona la riduzione del consumo di suolo e la rigenerazione urbana e territoriale, la lettera c-ter) si riferisce invero espressamente alla sostenibilità ambientale, applicando il concetto di economia circolare al campo dell’edilizia e dell’urbanistica.

 

Sotto tali profili le maggiori tendenze che si sono affermate negli ultimi tempi hanno interessato, invero, non solo il recupero del patrimonio edilizio urbano attraverso la rigenerazione ed il riuso, ma anche la modifica degli edifici al fine di migliorarne le prestazioni energetiche, anche grazie al proliferare di bonus statali finalizzati proprio all’incremento dell’efficienza energetica nelle costruzioni.

 

Nello stesso senso anche la flessibilità, al pari con la multifunzionalità, è sempre più importante nell’edilizia e nell’architettura contemporanea, in quanto permette di rispondere in modo efficace alle necessità di cambiamento della società: si è osservato, invero, che ciò che ha cambiato l’edilizia nel tempo non sono solo nuove tecnologie, tecniche costruttive e materiali, ma anche la necessità di rispondere a nuovi modi di abitare, lavorare e vivere gli ambienti chiusi. Si fa sempre più strada, dunque, anche la necessità di progettare edifici in grado di adeguarsi alle abitudini delle persone, di rispondere a necessità tra loro differenti, atteso che lo spazio flessibile viene inteso anche come polifuzionale, e – soprattutto – di modificarsi nel tempo[2].

 

D’altra parte l’impatto ambientale occupa un posto di rilievo anche nell’ambito della pianificazione urbanistica, atteso che – come noto – sono molteplici gli strumenti previsti dalla normativa attuale – si pensi, a titolo esemplificativo, alle procedure di VAS («Valutazione Ambientale Strategica») e di VIA («Valutazione di Impatto Ambientale») disciplinate dal D.lgs. n. 152/2006 (cd. «Codice dell’Ambiente») – finalizzati al controllo dell’utilizzazione del territorio.

 

Al riguardo, non potendo in questa sede soffermarsi maggiormente sull’esame di tali istituti, basti rammentare che l’articolo 5 (rubricato «Definizioni») del D.lgs. n. 152/2006 (cd. «Codice dell’Ambiente») definisce come «impatti ambientali» gli «effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati. Negli impatti ambientali rientrano gli effetti derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio di gravi incidenti o calamità pertinenti il progetto medesimo».

 

 

Considerazioni conclusive sulle prospettive del “governo del territorio”

 

In conclusione si intende svolgere alcune considerazioni in ordine a quanto fin qui analizzato, nell’ottica di indicare quelle che paiono essere le prospettive attuali e future su cui sembrano indirizzarsi le politiche relative al governo del territorio.

Tra le maggiori tendenze che emergono vi sono, invero, da un alto quelle collegate a quello che abbiamo visto essere il principio di sussidiarietà orizzontale, ovvero la partecipazione dei cittadini nell’ottica della propensione – che sempre più si sta affermando – all’urbanistica consensuale; dall’altro, sempre in tale contesto, quelle legate all’utilizzo dei diritti edificatori, al fine sia di superare le precedenti tecniche di zoning e degli standards, sia per incentivare gli obiettivi di rigenerazione urbana e territoriale e di riduzione del consumo di suolo, onde perseguire finanche quella sostenibilità ambientale che sempre più appare necessaria.

Posta tale affermazione di ordine generale, da quanto sin qui delineato emerge l’importanza sempre crescente che assume – anche nell’impianto della legge lombarda per il governo del territorio – l’amministrazione «per accordi»: come è stato autorevolmente rilevato in dottrina l’urbanistica consensuale rappresenta una complessa questione alla quale si è giunti attraverso un articolato percorso che vede una doppia motivazione di fondo, concernente tanto l’esigenza di raggiungere – mediante la partecipazione del privato interessato dalle trasformazioni previste dal piano urbanistico – il miglior assetto degli usi del territorio, seppur nell’interesse generale della collettività, quanto quella di soddisfare, oltre a tali trasformazioni, anche la domanda di opere di urbanizzazione che le amministrazioni locali non sono in grado di finanziare totalmente con capitale pubblico. Si è così osservato che l’accordo pubblico-privato risponde ad entrambe le suddette finalità[3].

 

Ciò detto, appare lapalissiano il legame che unisce il principio di sussidiarietà orizzontale e l’amministrazione condivisa, cui sembra tendere la L.R. n. 12/2005 fin dal suo primo articolo, tanto nella parte in cui si ispira a detto principio, quanto in quella in cui auspica l’utilizzo degli «strumenti di partenariato pubblico-privato e di programmazione negoziata previsti dalla normativa regionale».

 

Tale tendenza – dell’urbanistica consensuale o per accordi – è emersa, come abbiamo visto,  anche in relazione ad un altro tema trattato nell’ambito della presente disamina, ovvero quello relativo alle nuove tecniche di pianificazione basate sull’utilizzo e sulla circolazione dei diritti edificatori, che rispondono all’intento di superare il tradizionale modello dello zoning e degli standards, riconducibile alla legge urbanistica fondamentale del 1942 ed al D.M. 1444/1968, attesi i limiti che esso presenta e di cui si è già dato atto.

Tale utilizzo dei diritti edificatori abbiamo visto essere connesso finanche alle politiche di riduzione del consumo di suolo e rigenerazione urbana e territoriale, in quanto queste risultano essere perseguite anche attraverso tecniche di incentivazione urbanistica e relativi meccanismi di premialità.

Del resto, non pare esservi dubbio che proprio la rigenerazione urbana e territoriale – anche alla lue degli interventi normativi che si sono avuti in Lombardia negli ultimi anni (basti pensare alle due leggi più importanti sul punto che sono state approvate nell’ultimo decennio, ovvero la L.R. n. 31/2014 e la L.R. n. 18/2019) – rappresenti un punto centrale – forse il più importante – su cui poggia quella prospettiva futura di cui si discute, posti gli obiettivi di riduzione del consumo di suolo che, in alcuni casi, sembra essere non più “disponibile”[4].

Basti pensare alle molteplici iniziative parlamentari finalizzate all’introduzione di una legge statale che disciplini i principi della materia: in proposito può citarsi la proposta di legge presentata il 26 maggio 2023 alla Camera dei Deputati (A.C. n. 1179), avente ad oggetto «Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana», che risulta in corso di esame in Commissione (iniziato il 03 ottobre 2023) al momento in cui si scrive a seguito di assegnazione alla VIII Commissione Ambiente in sede Referente il 15 settembre 2023.

 

Tale proposta di legge è volta ad introdurre determinati princìpi, avviare una riduzione progressiva del consumo di suolo, impedire la possibilità di incrementare il consumo di suolo rispetto a quello già programmato ed incrementare il contributo per il permesso di costruire in caso di nuovo consumo di suolo[5]: il testo dell’atto in esame si apre all’articolo 1 con l’enunciazione delle finalità della legge ed in tal senso viene esplicitata l’importanza di elementi quali la «valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole, naturali e seminaturali, ai fini di promuovere e tutelare il paesaggio, l’ambiente e l’attività agricola, nonché di contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che svolge funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, nonché della riduzione dei fenomeni che causano erosione, perdita di materia organica e di biodiversità» ed affermato come «il riuso e la rigenerazione urbana, oltre al contenimento del consumo di suolo, costituiscono princìpi fondamentali della materia del governo del territorio»[6].

 

Orbene, senza entrare nel merito della proposta legislativa – che sarà valutata nell’ambito della relativa attività legislativa e che qui si ricorda a titolo meramente esemplificativo (non potendo, per ovvie ragioni di sinteticità, dare puntualmente atto della molteplicità di iniziative parlamentari in tal senso[7]) – sembra utile soffermarsi brevemente sul relativo dossier[8], che appare interessante in quanto precisa che «ad oggi, la rigenerazione urbana non trova una compiuta definizione nell’ordinamento nazionale, pur essendo presenti numerosi riferimenti ad essa nella legislazione statale e definizioni non sempre convergenti in numerose leggi regionali. Lo stesso avviene per il consumo di suolo». Si ricorda altresì che «come sottolineato nel rapporto “Le politiche di rigenerazione urbana: prospettive e possibili impatti”, pubblicato nel giugno del 2022 dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con il Cresme, rigenerazione urbana e consumo di suolo costituiscono oggi un binomio inscindibile, che costituisce la base di una pluralità di politiche pubbliche aventi ad oggetto la tutela dell’ambiente e del paesaggio e il recupero, riuso e rifunzionalizzazione del costruito in un’ottica di superamento dell’urbanistica di espansione e di promozione dell’economia circolare, nonché di politiche sociali e culturali che hanno come oggetto di intervento non solo le aree periferiche o fisicamente degradate, ma anche quelle caratterizzate da servizi di bassa qualità, da degrado sociale, da disagio economico e deficit culturale».

In tale Dossier vengono finanche rammentati i «principali obiettivi a livello internazionale ed europeo», atteso che «a livello internazionale, il tema della rigenerazione urbana trova un suo riferimento fondamentale nell’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 dell’ONU, concernente il traguardo di città e comunità urbane sostenibili, più durature, ed efficienti […]» ed «a livello europeo, la gestione sostenibile del suolo e la necessità di politiche che monitorino gli impatti derivanti dall’occupazione del suolo ha condotto alla definizione dell’obiettivo di raggiungere un consumo netto di suolo pari a zero per il 2050, che rappresenta la principale finalità di lungo periodo della “Strategia dell’UE per il suolo per il 2030” (COM(2021)699) adottata dalla Commissione europea nel novembre 2021» e richiamata la normativa nazionale e le recenti linee di sviluppo, per poi soffermarsi sul «panorama delle leggi regionali approvate nell’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di governo del territorio, entro la quale si inquadra il tema della rigenerazione urbana».

Al riguardo si è invero specificato che «come evidenziato nel succitato rapporto del Servizio studi del giugno 2022, “numerose regioni hanno approvato leggi che a vario titolo – alcune nell’ambito di interventi più complessivi dedicati anche alla regolamentazione degli istituti urbanistici e degli strumenti di pianificazione del territorio, altre con normative di portata più circoscritta – introducono non solo discipline di dettaglio ma anche – in assenza di una specifica legislazione statale – princìpi in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana. Gli interventi legislativi regionali appaiono sostanzialmente ispirati a due modelli generali che rispondono a logiche diverse, anche se talvolta compresenti all’interno dello stesso impianto legislativo: un modello di regolamentazione incentrato prevalentemente sul perseguimento delle finalità di rigenerazione urbana attraverso un sistema di premialità urbanistiche ed edilizie e di incentivi, in alcuni casi previa definizione in ambito regionale di quantità massime di suolo consumabile a fini edificatori; un modello di regolamentazione maggiormente incline a considerare prioritari i processi di riuso e sostituzione edilizia senza consumo di nuovo suolo e orientato a garantire una più netta perimetrazione dei margini di confine dei centri abitati, configurando l’espansione edilizia come eccezione”»[9].

In conclusione, alla luce del dibattito degli operatori del settore in ordine alla necessità di una legge nazionale di prìncipi in materia di rigenerazione urbana e contenimento del consumo di suolo[10] ed alle molteplici iniziative parlamentari in tal senso susseguitesi nel tempo – pur senza addivenire, allo stato attuale, all’approvazione finale di un testo normativo di rango statale in materia – non pare potersi revocare in dubbio come tale prospettiva appaia, ad oggi, la via maestra in grado di  orientare le prospettive future delle politiche per il governo del territorio, fermi anche gli input in tal senso provenienti a livello sovranazionale, come i già ricordati obiettivi internazionali (Agenda 2030 dell’ONU e in particolare l’obiettivo 11 «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili») ed europei (consumo del suolo netto entro 2050, decarbonizzazione entro 2030, nuova direttiva sulla prestazione energetica), che stanno plasmando il nuovo modello di sviluppo urbano[11], sempre più orientato verso la sostenibilità ambientale[12].

[1] https://corporate.enel.it/storie/articoli/2020/04/sostenibilita-ambientale.

[2] https://www.infobuild.it/approfondimenti/spazi-flessibili-necessita-soluzioni/

[3] URBANI P., Pianificare per accordi, Riv. giur. edilizia, fasc. 4, 2005.

[4] Milano, il suolo edificabile è finito: l’unico modo per costruire ancora è «riciclare». Da Bovisa all’ex Macello, ecco dove: così, di recente, titolava «IL CORRIERE DELLA SERA», in un articolo del 10.11.2023 di G. Pagliuca (Cfr. https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/23_novembre_10/milano-il-suolo-edificabile-e-finito-l-unico-modo-per-costruire-ancora-e-riciclare-da-bovisa-all-ex-macello-ecco-dove-353c2757-c166-40e3-8b27-0690307fcxlk.shtml#:~:text); cfr. anche https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/AFhHsHZB; https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/AFsZtWaB; https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/AFjALgi.

[5] https://temi.camera.it/leg19/temi/19_urbanistica-1.html

[6] https://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.1179.19PDL0038780.pdf

[7] A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo si pensi al disegno di legge n. 1131 presentato al Senato della Repubblica nel corso della XVIII Legislatura (cfr.https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1108041/index.html?part=ddlpres_ddlpres1)

 o ai disegni di legge n. 29 (cfr. https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/55205.htm),

  1. 761 (cfr. https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/57192.htm),
  2. 863 (cfr. https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/57457.htm),
  3. 903 (cfr. https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/57581.htm)

presentati al Senato della Repubblica nel corso dell’attuale Legislatura.

[8] https://documenti.camera.it/leg19/dossier/Pdf/Am0040.pdf

[9] https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/Am0040.pdf

[10] https://ance.it/2023/10/rigenerazione-urbana-betti-serve-legge-statale-di-principi-che-definisca-il-quadro-in-cui-muoversi/

[11] https://ance.it/2023/10/rigenerazione-urbana-betti-serve-legge-statale-di-principi-che-definisca-il-quadro-in-cui-muoversi/

[12] https://www.giustizia-amministrativa.it/-/il-governo-del-territorio-nella-prospettiva-dello-sviluppo-sostenibile.-il-consumo-di-suolo-e-la-rigenerazione-urbana