GIUGNO 2022 – Silenzio assenso PDC

Silenzio-assenso nel procedimento di rilascio del permesso di costruire regolato dall’articolo 20 del D.P.R. n. 380/2001

L’articolo 20[1] del D.P.R. n. 380/2001 regola il procedimento di rilascio del permesso di costruire, stabilendo, al primo comma, che la relativa domanda, «sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell’articolo 11[2] va presentata allo sportello unico corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti e, quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II. La domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica[3]».

Per quanto qui di interesse si rileva che, a mente del secondo comma della disposizione, lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento, il quale – come stabilito dal terzo comma[4] della norma in parola – entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda «cura l’istruttoria e formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto»; laddove sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso resi da amministrazioni diverse si procede ai sensi degli articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990, vale a dire mediante conferenza di servizi. Il quarto comma stabilisce, inoltre, che «il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L’interessato si pronuncia sulla richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di cui al comma 3».

In ossequio a quanto sancito dal comma quinto «il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa».

Il comma sesto della disposizione de qua stabilisce che «il provvedimento finale […] è adottato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui al comma 3. Qualora sia indetta la conferenza di servizi di cui al medesimo comma, la determinazione motivata di conclusione del procedimento, […] è, ad ogni effetto, titolo per la realizzazione dell’intervento. Il termine di cui al primo periodo è fissato in quaranta giorni con la medesima decorrenza qualora il dirigente o il responsabile del procedimento abbia comunicato all’istante i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’articolo 10-bis della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni. […][5]», mentre il comma settimo prescrive che «i termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati nei soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento[6]».

Orbene, a norma del comma 8 – oggetto di recente modifica ad opera del cd. «Decreto Semplificazioni» che, nel 2020, ha introdotto la previsione di cui al secondo periodo – «decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti[7]»: la suddetta novella legislativa ha stabilito, pertanto, che a richiesta dell’interessato lo sportello unico per l’edilizia sia obbligato a rilasciare documentazione circa il silenzio-assenso formatosi in ordine al titolo abilitativo, ciò «in coerenza con il principio della certezza giuridica[8]».

La norma in commento prosegue poi con l’affermazione – contenuta al comma 11 – per cui «il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi di cui all’articolo 22, comma 7, è di settantacinque giorni dalla data di presentazione della domanda», facendo salve, al comma 12, «le disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedano misure di ulteriore semplificazione e ulteriori riduzioni di termini procedimentali», fermo restando quanto previsto dalla vigente normativa in relazione agli adempimenti di competenza delle amministrazioni statali coinvolte[9].

 

 

[1] Articolo sostituito dall’articolo 5, comma 2, lettera a), numero 3), del D.L. n. 70/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106/2011 (cd. «Semestre europeo»).

[2] Si rammenta che il primo comma dell’articolo 11 del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che «il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo».

[3]  Comma modificato dall’articolo 13, comma 2, lettera d), numero 1), del D.L. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134/2012 (cd. «Decreto Crescita») e successivamente modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera d), numero 1), del D.lgs. n. 222/2016 (cd. «Decreto S.C.I.A. 2»). Il successivo comma 1-bis ha stabilito che «con decreto del Ministro della salute, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici».

[4] Comma modificato dall’articolo 13, comma 2, lettera d), numero 2), del D.L. n. 83/2012 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134/2012 (cd. «Decreto Crescita») e successivamente modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 1) lettere a) e b) del D.lgs. n. 127/2016.

[5] Comma sostituito dall’articolo 13, comma 2, lettera d), numero 4), del D.L. n. 83/2012 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134/2012 (cd. «Decreto Crescita») e successivamente modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 3) del D.lgs. n. 127/2016.

[6] Comma sostituito dall’articolo 17, comma 1, lettera i), del D.L. n. 133/2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 164/2014 (cd. «Decreto Sblocca Italia»).

[7] Comma sostituito dall’articolo 30, comma 1, lettera d), numero 1), del D.L. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 98/2013 (cd. «Decreto del fare»); successivamente, dall’articolo 54, comma 1, lettera e), della L. n. 221/2015 e dall’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 4) del D.lgs. n. 127/2016; da ultimo, modificato ulteriormente dall’articolo 10, comma 1, lettera i), del D.L. n. 76/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni»).

[8] Cfr. Relazione illustrativa al D.L. n. 76/2020.

[9] L’articolo 20 si chiude con la disposizione di cui al comma 13, a mente del quale «ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni di cui al comma 1, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al medesimo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni. In tali casi, il responsabile del procedimento informa il competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari».