GIUGNO 2022 – Stato legittimo degli immobili e tolleranze costruttive

Stato legittimo degli immobili e tolleranze costruttive: analisi delle disposizioni di cui agli articoli 9-bis e 34-bis del D.P.R. n. 380/2001

L’articolo 9-bis del D.P.R. n. 380/2001 è rubricato «Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili» ed al primo comma dispone che «ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti dal presente testo unico, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d’ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull’autenticità di tali documenti, informazioni e dati».

Nel rammentare che la norma de qua è stata inserita nell’articolato del cd. «Testo Unico Edilizia» nel 2012 ad opera dell’articolo 13, comma 2, lettera b), del cd. «Decreto Crescita[1]», occorre segnalare che tanto la formulazione attuale della rubrica dell’articolo quanto il successivo comma 1-bis[2] si devono alla novella legislativa di cui al cd. «Decreto Semplificazioni» del 2020, che ha inserito una disposizione di estremo rilievo sancendo che «lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali». Il comma de quo precisa, inoltre, che «per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia».

 

Preme evidenziare la portata innovativa della disposizione in parola, in quanto prima della sua introduzione la definizione di stato legittimo dell’immobile – che rileva ai fini della verifica della legittimità dell’immobile oggetto di intervento edilizio o di alienazione – non era rinvenibile in alcuna norma statale: come si legge anche nella relazione illustrativa al citato D.L. n. 76/2020, l’inserimento della definizione di stato legittimo «risulta quanto mai opportuna per chiarire l’ambito di dette verifiche e, di conseguenza, anche per perseguire gli abusi».

 

Tanto esposto in ordine allo stato legittimo dell’immobile, giova rammentare che le ultime modifiche apportate dal cd. «Decreto Semplificazioni» del 2020 al testo del D.P.R. n. 380/2001 hanno interessato anche il regime delle tolleranze costruttive: in particolare, la citata novella legislativa ha abrogato la normativa previgente, contenuta nel comma 2-ter dell’articolo 34 (norma rubricata «Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire») ed introdotto il nuovo articolo 34-bis al fine di regolare tale aspetto.

 

L’articolo 34 del cd. «Testo Unico Edilizia» al primo comma dispone che gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio, decorso il quale sono rimossi o demoliti a cura del Comune ed a spese dei medesimi responsabili dell’abuso. Il comma secondo, introducendo un’ipotesi di cd. «fiscalizzazione» dell’abuso edilizio, stabilisce che quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione determinata secondo i criteri indicati dalla disposizione stessa, mentre il comma 2-bis estende l’applicabilità delle previsioni de quibus anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, eseguiti in parziale difformità dalla S.C.I.A. alternativa al permesso di costruire: il previgente comma 2-ter[3] prevedeva delle tolleranze costruttive, stabilendo che ai fini dell’applicazione del medesimo articolo 34 «non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali».

Orbene, nell’abrogare tale ultima disposizione, il già richiamato «Decreto Semplificazioni» del 2020 ha previsto l’introduzione del nuovo articolo 34-bis[4] (rubricato «Tolleranze costruttive»), norma che al primo comma – riproducendo sostanzialmente l’ipotesi di tolleranza già presente nel previgente comma 2-ter dell’articolo 34 – dispone che «il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo»: tale casistica riguarda le difformità, per un massimo del 2 per cento, tra l’opera realizzata e taluno dei parametri cui fanno riferimento le leggi o il piano per stabilire i limiti dimensionali e localizzativi che devono essere rispettati dagli interventi edilizi (l’altezza massima, la superficie massima, la distanza minima dai confini, l’altezza utile minima dei locali, etc). In tale ipotesi di tolleranza, difatti, l’immobile contrasta con detti parametri vincolanti per una quota percentuale che l’ordinamento considera trascurabile, con la conseguenza che la difformità, per quanto sostanziale, viene considerata non perseguibile[5].

Al secondo comma si prescrive che «fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile»: tale comma richiama i frequenti casi di difformità dal titolo edilizio che non violano alcuna normativa di piano o di legge. Nelle ipotesi considerate, invero, rispetto all’opera rappresentata negli elaborati allegati al titolo edilizio, lo stato di fatto evidenzia difformità del tutto irrilevanti poiché non incidono sull’aspetto esteriore dell’edificio, sulle strutture portanti dello stesso, sui dimensionamenti e sulle distanze cogenti, non comportano aumenti di superficie e non violano alcuna normativa tecnica, ma riguardano, ad esempio, gli angoli non perfettamente in squadra o le murature non perfettamente allineate, le aperture interne non corrispondenti al progetto depositato, etc.: il presupposto per considerare tali difformità come tolleranze esecutive è che detti scostamenti dagli elaborati progettuali «non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile». Appare opportuno sottolineare che la previsione in parola ha inteso salvaguardare l’interesse pubblico a garantire la celere circolazione dei beni ed a consentire il recupero e la rigenerazione edilizia di immobili che presentino unicamente trascurabili difformità – formali e non sostanziali – rispetto agli elaborati progettuali autorizzati, atteso che dette discordanze «formali», laddove in precedenza non qualificate dalla legge come irrilevanti, erano suscettibili di ostacolare le dichiarazioni di legittimità degli immobili in sede di stipula di atti di trasferimento dei beni, costituendo altresì causa di contenzioso in sede di verifica dello stato legittimo ai fini della presentazione di nuovi titoli edilizi[6].

Il terzo comma della disposizione in commento stabilisce, infine, che «le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali».

 

 

[1] D.L. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134/2012.

[2] Aggiunto, come anticipato, dall’articolo 10, comma 1, lettera d), numero 2), del D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni»).

[3] Abrogato dall’articolo 10, comma 1, lettera o), del D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni»).

[4] Inserito dall’articolo 10, comma 1, lettera p), del D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni»).

[5] Cfr. Relazione illustrativa D.L. n. 76/2020.

[6] Cfr. Relazione illustrativa al D.L. n. 76/2020.