Inottemperanza all’ingiunzione di demolizione: i chiarimenti dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 2023 – Sequestro dell’immobile da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria ed inottemperanza all’ordine di demolizione.

Inottemperanza all’ingiunzione di demolizione: i chiarimenti dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 2023

 Con riguardo all’inottemperanza all’ordine di demolizione merita di essere ricordata la recente sentenza n. 16 del 2023 resa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato[1].

L’Adunanza Plenaria, nell’esaminare i quesiti sottoposti, ha enunciato i seguenti principi di diritto:

«a) la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente ‘primo’ illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive;

  1. b) la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;
  2. c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);
  3. d) l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato».

Inoltre, si è osservato che il comma 4-bis del citato articolo 31 del D.P.R. n. 380/2001 – introdotto dal D.L. n. 133/2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 164/2014 (cd. «Decreto Sblocca-Italia») – «prevede che: “L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria”.

La formulazione della disposizione non lascia adito a dubbi quanto al fatto che la sanzione pecuniaria è irrogata in ragione dell’inottemperanza all’ordine di demolizione: l’accertamento deve necessariamente precedere l’irrogazione della sanzione.

La condotta colpevolmente omissiva del destinatario dell’ordine di demolizione comporta, quindi, per il proprietario una duplice sanzione: a) la perdita della proprietà del bene; b) una sanzione pecuniaria variabile da 2.000 a 20.000 euro.

Si tratta di sanzioni che vengono irrogate a causa del mancato adempimento all’ordine di demolire, ossia in ragione di un illecito ad effetti permanenti, che si consuma con lo scadere del termine di 90 giorni assegnato dall’autorità amministrativa con l’ordine di demolizione: il loro presupposto è l’accertamento dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione.

Deve, pertanto, concludersi nel senso che si è in presenza di un illecito ad effetti permanenti, in quanto la perdita del bene abusivo e dell’area di sedime consegue all’inerzia nel demolire protrattasi oltre il termine di 90 giorni assegnato dall’autorità.

Come sopra evidenziato, l’acquisto del bene avviene ope legis, sicché l’atto di accertamento dell’inottemperanza ha natura dichiarativa».

Ciò posto, «sulla base dei principi nazionali e tenuto anche conto dei principi espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi 8 giugno 1976, la sanzione pecuniaria in questione ha la finalità di prevenzione generale e speciale, mirando a dissuadere dalla commissione degli illeciti edilizi e a salvaguardare il territorio nazionale: il comma 4-bis sanziona chi non si è adoperato per porre rimedio alle conseguenze derivanti dagli abusi realizzati direttamente o a causa della mancata vigilanza sui propri beni.

Rilevano pertanto i seguenti tre principi:

  1. a) il principio di irretroattività, desumibile nella materia sanzionatoria dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981, oltre che dall’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile
  2. b) il principio di certezza dei rapporti giuridici, perché chi non ha ottemperato all’ordine di demolizione, facendo decorrere il termine di 90 giorni prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014, ha compiuto una omissione […] in un quadro normativo che prevedeva ‘unicamente’ la conseguenza della perdita della proprietà e non anche quella della irrogazione della sanzione pecuniaria;
  3. c) il principio di tipicità ed il principio di coerenza, poiché […] col decorso del termine di 90 giorni il responsabile non può più demolire il manufatto abusivo, poiché non è più suo, sicché non è più perdurante l’illecito omissivo (in quanto si è ‘consumata’ la fattispecie acquisitiva), sicché l’applicazione dell’art. 31, comma 4-bis, anche alle ipotesi in cui il termine di 90 giorni era già decorso prima della sua entrata in vigore, comporterebbe l’applicazione di una sanzione per una omissione giuridicamente non più sussistente, essendo preclusa ogni modifica del bene in assenza di ulteriori determinazioni del Comune sulla gestione del bene divenuto ormai suo».

Orbene, nel caso all’esame dell’Adunanza Plenaria, il termine fissato dall’ordinanza di demolizione oggetto della fattispecie concreta era «indiscutibilmente già scaduto alla data del 12 novembre 2014, di entrata in vigore della legge n. 164 del 2014», sicché – essendo stati violati i principi sopra esposti – si è ritenuto di annullare il provvedimento impugnato in primo grado, nella parte in cui esso ha irrogato la sanzione pecuniaria.

Si è dunque enunciato il seguente principio di diritto: «la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore».

 Sequestro dell’immobile da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria ed inottemperanza all’ordine di demolizione

 Uno dei più interessanti dibattiti in giurisprudenza in tema di ordine di demolizione ha riguardato la sanzionabilità dell’inottemperanza allo stesso in caso di sequestro penale dell’immobile.

Appare interessante richiamare sul punto una sentenza del Consiglio di Stato, resa nel 2017, con la quale – ribaltando la decisione del Giudice di primo grado e dando atto dell’esistenza di una giurisprudenza in senso opposto dello stesso Consiglio di Stato – si è statuito che l’inottemperanza all’ordine di demolizione non è sanzionabile se l’immobile abusivo è sotto sequestro penale: ciò in quanto l’affermazione dell’eseguibilità dell’ingiunzione di demolizione di un bene sequestrato, per quanto ricorrente nella giurisprudenza amministrativa, non può, infatti, essere convincentemente sostenuta sulla base dell’assunto della configurabilità di un dovere di collaborazione del responsabile dell’abuso, ai fini dell’ottenimento del dissequestro e della conseguente attuazione dell’ingiunzione[2].

Si è osservato preliminarmente che «la questione […] si risolve nella disamina della validità o dell’efficacia dei provvedimenti sanzionatori adottati sulla base del rilievo dell’omessa esecuzione di presupposti ordini di demolizione (o di riduzione in pristino) di opere abusive, che esulano, tuttavia, dalla disponibilità del destinatario dell’ordinanza rimasta inattuata, in quanto sequestrati dal giudice penale», ma «tale problema, tuttavia, implica anche la soluzione della (logicamente) presupposta questione della validità (e dell’efficacia) dell’ordine di demolizione, per la cui inottemperanza sono state irrogate le misure sanzionatorie previste dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001».

Dando atto che «l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, sia amministrativo (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 283), sia penale (Cass. Pen., sez. III, 14 gennaio 2009, n. 9186), ritiene irrilevante la pendenza di un sequestro, ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori, sulla base della non qualificabilità della misura cautelare reale quale impedimento assoluto all’attuazione dell’ingiunzione, in ragione della possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’art. 85 disp. att. c.p.p.», si è tuttavia reputato «di dissentire da tale orientamento, per le ragioni di seguito sinteticamente […] esposte».

In particolare, «con una prima, e, per certi versi, dirimente, argomentazione, l’ordine di demolizione di un immobile colpito da un sequestro penale dovrebbe essere ritenuto affetto dal vizio di nullità, ai sensi dell’art. 21-septies l. n. 241 del 1990 (in relazione agli artt. 1346 e 1418 c.c.), e, quindi, radicalmente inefficace, per l’assenza di un elemento essenziale dell’atto, tale dovendo intendersi la possibilità giuridica dell’oggetto del comando […]».

Invero – si è detto – «l’affermazione dell’eseguibilità dell’ingiunzione di demolizione di un bene sequestrato, per quanto tralatiziamente ricorrente nella giurisprudenza amministrativa, non può, infatti, essere convincentemente sostenuta sulla base dell’assunto della configurabilità di un dovere di collaborazione del responsabile dell’abuso, ai fini dell’ottenimento del dissequestro e della conseguente attuazione dell’ingiunzione.

Tale argomentazione dev’essere, infatti, radicalmente rifiutata: sia perché riferisce a un’eventualità futura, astratta e indipendente dalla volontà dell’interessato la stessa possibilità (giuridica e materiale) di esecuzione dell’ingiunzione, mentre […] l’impossibilità dell’oggetto attiene al momento genetico dell’ordine e lo vizia insanabilmente all’atto della sua adozione; sia perché, assiomaticamente, finisce per imporre al privato una condotta priva di qualsivoglia fondamento giuridico positivo; sia, infine, perché si risolve nella prescrizione di una iniziativa processuale (l’istanza di dissequestro) che potrebbe contraddire le strategie difensive liberamente opzionabili dall’indagato (o dall’imputato) nel processo penale, peraltro interferendo inammissibilmente nell’esercizio di un diritto costituzionalmente protetto, quale quello di difesa (basti porre mente, in proposito, al caso che il mantenimento del sequestro penale -sub specie probatorio, ex art. 253 c.p.p. – risulti funzionale ad assicurare, per il seguito delle indagini o per il dibattimento, la prova che quanto realizzato non fosse abusivo, o non fosse conforme a quanto contestato o ritenuto dalla pubblica accusa, ovvero avesse altre caratteristiche scriminanti o anche solo attenuanti l’illiceità penale del fatto ascritto)».

Si è aggiunto, inoltre, «che le misure contemplate dall’art. 31, commi 3 e 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, rivestono carattere chiaramente sanzionatorio e, come tali, esigono, per la loro valida applicazione, l’ascrivibilità dell’inottemperanza alla colpa del destinatario dell’ingiunzione rimasta ineseguita, in ossequio ai canoni generali ai quali deve obbedire ogni ipotesi di responsabilità», sennonché «nella situazione considerata, non è dato ravvisare alcun profilo di rimproverabilità nella condotta (necessariamente) inerte del destinatario dell’ordine di demolizione, al quale resta, infatti, preclusa l’esecuzione del comando da un altro provvedimento giudiziario che gli ha sottratto la disponibilità giuridica e fattuale del bene».

Infine si è ritenuto che «non può esigersi – e, giuridicamente, non lo si può soprattutto in difetto di un’espressa previsione di legge in tal senso, stante anche il divieto di prestazioni imposte se non che per legge, ex art. 23 Cost. – che il cittadino impieghi tempo e risorse economiche per ottenere la restituzione di un bene di sua proprietà, ai soli fini della sua distruzione».

Nondimeno, «sia per l’ipotesi che si ritenesse di poter prescindere dalla più persuasiva prospettazione […] che qualifica in termini di nullità il vizio che affligge l’ordinanza di demolizione emanata nella pendenza del sequestro dell’immobile di cui trattasi; sia, comunque, con riferimento ai casi in cui l’ordine demolitorio o ripristinatorio sia stato adottato (e, in tal caso, validamente) in un momento in cui il bene non fosse sequestrato, ma venga invece sequestrato successivamente e nella pendenza del termine assegnato per ottemperare all’ingiunzione de qua – va ulteriormente indagato, per completezza di sistema, il tema dell’incidenza del sequestro penale (se non, in queste ipotesi, sulla validità) sull’efficacia dell’ordine di demolire e, derivativamente, sulla decorrenza o meno del termine a tal fine assegnato fintanto che il sequestro permanga efficace»: si è così affermato che «finché il sequestro perdura, la demolizione (anche se validamente ingiunta: vuoi perché disposta anteriormente al sequestro, ossia in un momento in cui il suo destinatario, essendo in bonis, aveva la possibilità giuridica di ottemperarvi; vuoi, ipoteticamente, perché non si condivida la tesi, invero dogmaticamente più coerente, della nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto del provvedimento che abbia ingiunto la demolizione in costanza di sequestro) certamente non può eseguirsi.

A questo semplice rilievo consegue necessariamente […] che, per tutto il tempo in cui il sequestro perdura (e, qui si aggiunge, indipendentemente dalla condotta attiva o passiva serbata dall’autore dell’abuso rispetto al sequestro stesso), la non ottemperanza all’ordine di demolizione non può qualificarsi non iure, appunto a causa della già rilevata oggettiva impossibilità giuridica di procedervi.

Ciò non può non implicare, come conseguenza giuridicamente necessaria, l’interruzione o, quantomeno, la sospensione del decorso del termine assegnato per demolire, per tutto il tempo in cui il sequestro rimane efficace.

Detto termine, dunque, inizierà nuovamente a decorrere – per intero ovvero per la sua parte residua, secondo che si opti per l’interruzione o per la sospensione di esso in costanza di sequestro – solo allorché il sequestro venga meno, per qualunque ragione […]» (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2337/2017)

Tanto rappresentato, deve darsi atto che le più recenti pronunce di legittimità hanno – per contro – ribadito che:

  • «secondo ormai consolidato orientamento […] “la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione può non esser giustificata dal solo fatto che le opere abusive siano state oggetto di sequestro adottato dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria; in questi casi tranne che l’Autorità stessa affermi l’attualità di tal misura cautelare, è pur sempre possibile richiederle il dissequestro allo scopo di eseguire tale ordine” (Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2020, n. 2677; id., 20 giugno 2023, n. 6031)» (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 10253/2023);
  • secondo l’«indirizzo prevalente, sia amministrativo sia penale […] ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, è irrilevante la pendenza di un sequestro della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori, sulla base della non qualificabilità della misura cautelare reale quale impedimento assoluto all’attuazione dell’ingiunzione, in ragione della possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’art. 85 disposizione di attuazione del codice di procedura penale (cfr. Cons. Stato, Sezione Prima, Adunanza di Sezione del 7 marzo 2018, affare n. 2072/2016) […] né può essere condivisa la tesi […] secondo cui sarebbe irragionevole che la parte chieda il dissequestro dell’immobile al solo fine di distruggerlo» posto che «”il sequestro penale dell’immobile non influenza la legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino. Il contemperamento con le esigenze della difesa si realizza ritenendo che il termine assegnato dall’ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l’immobile rimane sotto sequestro, restando all’autonoma iniziativa della difesa ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre” (Cons. Stato, Sez. VII, 14 aprile 2023, n. 3805 che richiama id. 20 febbraio 2023, n. 1721)» (Consiglio di Stato, sez. VII, n. 7816/2023).

[1] https://www.lavoripubblici.it/news/abusi-edilizi-inottemperanza-demolizione-ecco-chiarimenti-adunanza-plenaria-31989

[2] https://www.dirittoegiustizia.it/#/documentDetail/9193528.