Luglio 2021 – La disciplina del silenzio assenso

La disciplina del silenzio assenso di cui all’articolo 20 L. 241/1990, alla luce della recente modifica legislativa introdotta dall’articolo 62 D.L. 77/2021.

Con riferimento al tema del silenzio assenso è necessario sottolineare che l’articolo 62 D.L. 77/2021 ha apportato modificazioni all’articolo 20 L. 241 del 1990.

Orbene, innanzitutto si evidenzia quanto esplicitato in dottrina sul punto, per cui il predetto istituto ricorre allorquando “il legislatore attribuisce all’inerzia dell’amministrazione il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato. Per quest’ultimo, dunque, il silenzio assenso rappresenta un rimedio all’inerzia dell’amministrazione che si risolve in un risultato direttamente favorevole sul piano sostanziale, mentre negli altri casi di silenzio il vantaggio è unicamente quello di poter adire il giudice amministrativo.

La figura del silenzio assenso è, oggi, la più rilevante tra le ipotesi di silenzio significativo, in considerazione dell’ampia previsione di carattere generale contenuta nell’attuale testo dell’art. 20 della legge 241/90 (come modificato dall’art. 3, comma 6 ter, del decreto legge, n. 35/2005, convertito nella legge n. 80/2005).[1]

In linea generale, ai sensi del primo comma dell’articolo 20 L. 241/1990, fatta salva l’applicazione dell’ articolo 19 L. 241/1990, disciplinante la segnalazione certificata di inizio attività, “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’ articolo 2 , commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2”. Detti termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.  [2]

Ai sensi del successivo secondo comma l’amministrazione competente ha la facoltà di indire, “entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.

La novella legislativa di cui all’articolo 62 D.L. 77/2021 ha aggiunto il comma 2-bis, ai sensi del quale, “nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo”.

Inoltre, una volta che siano “decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’ art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445“.

Ad ogni modo, parallelamente a quanto previsto nell’articolo 21 nonies,[3] la disposizione in esame, ai sensi del terzo comma, stabilisce che “nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies“.

Tuttavia, le disposizioni dell’articolo in discorso, non trovano applicazione con riferimento “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti”.

Ordunque, nella relazione illustrativa al D.L. n. 77/2021 è stato esplicitato che la novella legislativa era volta a “consentire la piena operatività e il rafforzamento dell’efficacia del silenzio assenso,” intendendo “dare garanzia al legittimo affidamento del privato.”

In modo particolare, è previsto “l’obbligo da parte della P.A., di rilasciare entro 10 giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione rilasciata in via telematica, che dimostri l’avvenuta formazione del silenzio assenso. In caso di inutile decorso di tale termine, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. n. 445 del 2001.”

Inoltre, nella relazione tecnica è stato specificato, altresì, che la disposizione risulta essere di carattere ordinamentale e procedimentale e “non introduce, per le amministrazioni, alcuna attività suscettibile di comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Ad ogni modo, sempre in tema di silenzio assenso è opportuno specificare che il Decreto semplificazioni 2020 era già intervenuto sull’articolo 20 del D.P.R. n. 380/2001, rubricato “Procedimento per il rilascio del permesso di costruire” inserendo, in particolare, il secondo periodo del comma 8.

Orbene, il primo periodo dell’ottavo comma dell’articolo 20 D.P.R. 380/2001, in discorso, stabilisce che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della Legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Il successivo secondo periodo, introdotto dall’articolo 10, comma 1, lettera i), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, “in coerenza con il principio della certezza giuridica[4] sancisce che, “fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti”. Si prevede pertanto che, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego, a richiesta dell’interessato, lo sportello unico per l’edilizia sia obbligato a rilasciare un’attestazione circa il silenzio-assenso già indipendentemente formato, riguardante il titolo abilitativo.

Sempre in tema di certezza giuridica, il medesimo D.L. 76/2020 aveva previsto, all’articolo 12, l’inserimento del comma 8-bis all’articolo 2 L. 241/1990, ai sensi del quale, “le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonche’ i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, commi 3 e 6-bis, primo periodo, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”.

Difatti, come specificato nella relazione illustrativa al D.L. 76/2020, la norma in discorso è volta “a garantire certezza giuridica riguardo alla mancata adozione, nei termini previsti, dei provvedimenti di competenza, allo scopo di rendere effettivo il provvedimento ovvero l’atto di assenso comunque denominato, acquisito “per silentium” sia nell’ambito della conferenza di servizi sia ai sensi degli articoli 17-bis e 20 della legge n. 241 del 1990, nonché nei casi di cui all’articolo 19, commi 3[5] e 6-bis[6],” primo periodo, ”qualora i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti siano adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti.

In modo particolare, “tale previsione mira a risolvere il problema degli “atti tardivi” e a garantire la piena efficacia della regola del silenzio assenso. Ciò al fine di evitare che l’attesa illimitata di un atto di dissenso espresso, reso dalle amministrazioni nell’ambito della Conferenza di servizi, ovvero ai sensi degli articoli 17-bis e 20 della citata legge, pur se sopravvenuto oltre i termini prefissati, vanifichi ogni funzione acceleratoria. Viene pertanto chiarito che nei casi già previsti dalla legge n. 241 del 1990, la scadenza dei termini fa venire meno il potere postumo di dissentire – fatto salvo il potere di annullamento d’ufficio ai sensi dell’articolo 21-nonies, qualora nei ricorrano i presupposti e le condizioni – con conseguente espressa declaratoria di inefficacia dell’atto che sia adottato dopo la già avvenuta formazione del silenzio assenso.”[7]

 

 

 

 

[1] Il silenzio assenso – Daniele Giannini – Dejure: https://www.iusexplorer.it/Publica/FascicoloDossier/IL_SILENZIO_ASSENSO/?idDocMaster=3580023&idDataBanks=19&canale=13

[2] In modo particolare i commi 2 e 3 dell’articolo 2 L. 241/1990 stabiliscono rispettivamente che “nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni” e che “con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza”.

[3] Il primo comma dell’articolo 21 nonies L. 241/1990 prevede che “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’ articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”; Per maggior approfondimento di veda il par. successivo.

[4] Relazione illustrativa al D.L. 76/2020.

[5] Il comma 3 dell’articolo 19 l. 241/1990 prevede che “l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, [disponendo la sospensione dell’attività intrapresa e] prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa. L’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata”.

[6] Ai sensi dell’articolo 19, comma 6-bis, primo periodo l. n. 241/1990 “nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni.“

[7] Relazione illustrativa al D.L. 76/2020.