Maggio 2021: Attività edilizia svolta in assenza di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’articolo 9 D.P.R. n. 380

Disamina della normativa relativa all’attività edilizia svolta in assenza di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’articolo 9 D.P.R. n. 380/2001

Il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001) ha subito recentemente molteplici innovazioni in ordine alla tematica dello stato legittimo degli immobili e, a tal fine, si è resa necessaria una compiuta disamina volta ad analizzarne la disciplina complessiva.

Orbene, in primo luogo, sebbene l’articolo 9 D.P.R. n. 380/2001 non abbia subito recenti modifiche, la suddetta norma assume una fondamentale importanza al fine di ottenere un intero quadro d’insieme della normativa.

Difatti la disposizione stabilisce che fatti salvi “i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490,1 nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti” alcuni interventi specificatamente individuati dalla disposizione in esame.

In modo particolare, la lettera a) del primo comma dell’articolo 9 D.P.R. 380/2001 ricomprende sia gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, sia anche quelli di restauro e di risanamento conservativo che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse (rispettivamente disciplinati dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell’articolo 3 D.P.R. n. 380/2001).

Ulteriormente, la lettera b) primo comma dell’articolo 9 D.P.R. 380/2001 individua, in relazione alle aree fuori dal perimetro dei centri abitati “gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell’area di proprietà”.

Da ultimo, viene specificato che “nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione, oltre agli interventi” di cui alla lettera a) sopra indicati 2 sono altresì consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse.

Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ammessi anche qualora “riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell’interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione”. 4

Sul punto si segnala che la Corte Costituzionale ha sancito che “la previsione di limiti invalicabili all’edificazione nelle “zone bianche”, per la finalità ad essa sottesa, ha le caratteristiche intrinseche del principio fondamentale della legislazione statale in materia di governo del territorio, coinvolgendo anche valori di rilievo costituzionale quali il paesaggio, l’ambiente e i beni culturali.” 5

Analogamente, la Corte di vertice amministrativa ha dichiarato che la disposizione in esame “costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongano, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni – di solito contenute nelle n.t.a. – sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625).”6

Da tale principio sono stati ricavati alcuni corollari, tra cui, ad esempio che allorquando lo strumento urbanistico generale preveda “che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento”.

In aggiunta, “in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo”, non è permesso superare tale prescrizione utilizzando a proprio vantaggio la situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa.

Inoltre, l’assenza del piano attuativo non è sostituibile “con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio”.

Allo stesso tempo non sono configurabili equipollenti al piano attuativo e, dunque, in sede amministrativa o giurisdizionale non è possibile che siano “effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione del piano attuativo”; ovviamente all’interessato è data facoltà di stimolare l’approvazione dello stesso con gli strumenti previsti dalla normativa.

Infine, lo strumento attuativo risulta necessario anche “in presenza di zone parzialmente urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto”.7

Tuttavia, la giurisprudenza ha individuato la presenza del c.d. lotto intercluso come eccezione a tale stringente e necessaria presenza di strumenti urbanistici per la disciplina del territorio; in detta occasione è stata ormai raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo così lo scopo e i risultati perseguiti dai piani esecutivi.

La predetta situazione si configura, secondo tale impostazione, allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente:

  1. sia l’unica a non essere stata ancora edificata;
  2. si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;
  3. sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;
  4. sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.”. 8

Il Consiglio di Stato ha altresì specificato che “ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001, per la realizzazione di un insediamento produttivo in “zona bianca” e fuori dal perimetro del centro abitato, è richiesto un doppio limite previsto dalla citata disposizione, riferito sia alla soglia di cubatura consentita, sia alla misura massima della superficie coperta realizzabile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1461 del 2010, che richiama Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2009, n. 679; 26 settembre 2008, n. 4661; 19 giugno 2006, n. 3658).”

Conseguentemente la disposizione individua due requisiti generali ed autonomi, aventi contenuto eterogeneo, che debbono “contestualmente concorrere ai fini del rilascio del titolo edilizio ed il regime in questione, per sua natura transitorio, ha natura di mera salvaguardia in attesa della futura pianificazione.”9


1 D. Lgs. abrogato dall’articolo 184 del D.LGS. 22 gennaio 2004, n. 42.

2 Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, sia quelli di restauro e di risanamento conservativo (rispettivamente disciplinati dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell’articolo 3 D.P.R. n. 380/2001).

3 Di cui alla lettera d) del primo comma dell’articolo 3 D.P.R. n. 380/2001.

4 Di cui alla sezione II del capo II del titolo I.

5 Sentenza Corte Costituzionale n. 84 del 2017.

6 Consiglio di Stato sez. IV, n. 5488/2014.

7 Consiglio di Stato sez. IV, n. 5488/2014.

8 Consiglio di Stato sez. IV, n. 5488/2014; sul punto anche Consiglio di Stato sez. IV n. 3699/2010.

9 Consiglio di Stato sez. IV, n. 2390/2020.