MAGGIO 2022 Distanze nelle costruzioni

  1. Distanze nelle costruzioni: analisi della normativa codicistica informata al principio di prevenzione

La normativa in materia di distanze legali di cui al codice civile si rinviene agli articoli 873 e seguenti: tali disposizioni – collocate nel Libro III «Della Proprietà» – dettano una disciplina informata, come noto, al cd. «principio di prevenzione».

L’articolo 873 c.c., con la richiamata finalità[1] di evitare la formazione di insalubri intercapedini, dispone, in primo luogo, che «le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri», aggiungendo poi che «nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore».

Orbene, nell’analizzare tale previsione, occorre preventivamente segnalare che la predetta distanza va osservata a prescindere dalla circostanza che, in concreto, la costruzione sia o meno idonea a creare le suddette intercapedini pregiudizievoli[2]: la giurisprudenza ha ritenuto, difatti, che «qualora sia accertata la violazione delle distanze tra costruzioni, è preclusa al giudice ogni indagine sull’idoneità dell’intercapedine ad arrecare il pregiudizio per l’igiene e la salubrità dell’ambiente, che le norme sulle distanze intendono impedire, in quanto la legge, imponendo l’osservanza di determinate distanze, ha ritenuto che soltanto queste valgano presuntivamente a soddisfare le esigenze di sicurezza e di igiene (cfr. Cass. 5.5.2015, n. 8935; Cass. 7.4.1986, n. 2402)[3]», dovendo l’autorità giudiziaria limitarsi, pertanto, ad applicare tassativamente la normativa di riferimento.

Fermo restando che in ordine alle distanze previste nei regolamenti locali si tornerà in seguito[4], è necessario evidenziare, inoltre, che – in forza del cd. «principio di prevenzione», che caratterizza il sistema delineato dal codice – il proprietario che edifica per primo finisce con il condizionare le scelte del vicino che voglia costruire successivamente.

Il meccanismo che trova applicazione si comprende facilmente illustrando i possibili scenari che possono prospettarsi in base alla scelta operata dal preveniente, difatti:

  1. se quest’ultimo sceglie di costruire rispettando una distanza dal confine pari ad almeno metà di quella imposta dalla legge, il proprietario del fondo limitrofo che edifica successivamente «deve costruire ad una distanza tale da rispettare il prescritto distacco legale dalla costruzione preesistente[5]»;

 

  1. se edifica sul confine, chi costruisce in seguito «può chiedere la comunione forzosa sul muro di confine ex articolo 874 c.c., o realizzare il proprio manufatto in aderenza allo stesso ex articolo 877, comma 1, c.c., ovvero ancora arretrare il suo edificio in misura pari all’intero distacco legale»;

 

  • se, invece, costruisce ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta, il prevenuto può «chiedere la comunione forzosa del muro ed avanzare la propria costruzione fino ad esso, occupando lo spazio intermedio dopo aver interpellato il proprietario se preferisca estendere il muro a confine o procedere alla sua demolizione (art. 875 c.c.), o costruire in aderenza ex art. 877, comma 2, c.c., ovvero ancora rispettare il distacco legale dalla costruzione del vicino (v. Cass., sez. un., 19 maggio 2016, n. 10318)».

Le norme da ultimo richiamate sono ricomprese nell’ambito di quella serie di disposizioni recate dal codice in relazione ai muri che si trovano sul confine o nei pressi del confine fra proprietà limitrofe.

L’articolo 874 c.c., rubricato «Comunione forzosa del muro sul confine», stabilisce che «il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l’estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino».

L’articolo 875 c.c., che disciplina la «Comunione forzosa del muro che non è sul confine», al primo comma dispone che «quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine», ed al secondo comma che «il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla sua demolizione. Questi deve manifestare la propria volontà entro il termine di giorni quindici e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta».

L’articolo 877 c.c., avente ad oggetto le «Costruzioni in aderenza» al primo comma prevede che «il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente» ed al secondo comma specifica che la norma de qua si applica «anche nel caso previsto dall’articolo 875; il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo».

 

[1] Su cui cfr. par. 1.

[2] A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, cit.

[3] Cassazione civile, sez.  II, n. 23543/2018.

[4] Sul punto cfr., in particolare, par. 6.

[5] A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, cit., pag. 295.