MARZO 2023 Disamina delle principali definizioni ITALIA

Disamina delle principali definizioni di cui al comma quarto dell’articolo 118 della Costituzione. Il concetto di cittadinanza attiva.

 

Si è già avuto modo di chiarire come, secondo una certa concezione della sussidiarietà orizzontale, l’«interesse generale» rappresenti il collante tra il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione – laddove viene perseguito direttamente dai soggetti pubblici in ossequio al principio di eguaglianza sostanziale – ed il quarto comma dell’articolo 118 – dove ha la possibilità di realizzarsi per mezzo delle attività dei cittadini sostenuti dai soggetti pubblici che, come recita la disposizione, ne «favoriscono l’autonoma iniziativa».

 

Si è in parte anticipato che vi sono alcuni tra i principi fondamentali della Costituzione che, in ordine ai rapporti tra istituzioni e cittadini, prevedono per questi ultimi un ruolo attivo, come l’articolo 2, secondo il quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità» richiedendo «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» o ancora l’articolo 4, che dopo aver dichiarato che «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» afferma che «ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»: il principio di sussidiarietà orizzontale, si è detto, da un lato trova un’ulteriore legittimazione in tali disposizioni, dall’altro apre nuovi spazi per la realizzazione di quanto da esse previsto.

 

Ciò che peraltro caratterizza il quarto comma dell’articolo 118 della Costituzione, rappresentando un elemento innovativo, è non tanto la possibilità per i privati di attivarsi nell’interesse generale, quanto il fatto che possano farlo «autonomamente», senza attendere un impulso da parte della pubblica amministrazione, che – per contro – è onerata di sostenere tali iniziative una volta poste in essere.

 

È così sorto il problema di trovare una definizione dell’«interesse generale» che i cittadini intendano realizzare sulla base della sussidiarietà orizzontale: posto che tale principio consente di fondare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini su un nuovo paradigma – paritario anziché gerarchico – si è eccepito che accettando l’ipotesi secondo la quale possano essere i medesimi cittadini che si attivano ad individuare cos’è nell’«interesse generale» il rapporto ritornerebbe ad essere gerarchico, seppur a ruoli invertiti; ulteriori motivazioni atte a confutare tale evenienza risiedono, inoltre, nel principio di separazione dei poteri ed in quello di legalità, prerogative dello Stato di diritto.

 

È apparsa dunque valida la lettura del quarto comma dell’articolo 118 della Costituzione che legittima i cittadini ad attivarsi onde perseguire fini che risultano essere di «interesse generale» non perché da essi stessi definiti come tali, ma piuttosto perché così qualificati da norme di legge.

 

Si è del pari osservato che attraverso la disposizione de qua la Costituzione ha posto fine al monopolio della tutela dell’interesse pubblico da parte delle amministrazioni per affidarla anche a coloro che – secondo lo schema tradizionale – erano soltanto i destinatari dell’azione amministrativa, trasformandoli potenzialmente in co-amministratori.

 

Le iniziative dei cittadini, in quanto autonome, non sono sottoposte a limiti né in relazione all’oggetto (fermo quanto specificato in ordine all’individuazione delle attività di interesse generale) né con riguardo alle modalità (salvo l’efficacia dell’intervento ai fini dell’effettivo perseguimento di detto interesse), potendo del pari affiancarsi ad attività delle amministrazioni o sostituirsi ad esse laddove vi sia una carenza di intervento pubblico[1].

 

Sottolineato il tratto innovativo dell’«autonoma iniziativa» di cui alla disposizione del comma quarto dell’articolo 118 e precisato, seppur sommariamente, cosa debba intendersi per «attività di interesse generale», non resta che svolgere qualche considerazione ulteriore sui «cittadini, singoli e associati» invocati dalla norma, introducendo il concetto di «cittadinanza attiva».

 

Nel richiamare la tutela che il già menzionato articolo 2[2] garantisce alle formazioni sociali ed il diritto di associazione di cui all’articolo 18[3] della Costituzione, preme invero evidenziare come, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, siano emerse e si siano sviluppate nuove forme di attivismo organizzato dei cittadini: secondo una definizione che si ritiene di condividere, con le locuzioni «cittadinanza attiva» o «attivismo civico» ci si riferisce invero all’«insieme di forme di auto-organizzazione che comportano l’esercizio di poteri e responsabilità nell’ambito delle politiche pubbliche, al fine di rendere effettivi diritti, tutelare beni comuni e sostenere soggetti in condizioni di debolezza».

 

Alcune delle forme che assume l’attivismo civico sono rappresentate dalle associazioni di consumatori, dai movimenti sociali, dai gruppi ambientalisti, dai movimenti di base, dai comitati locali, dai gruppi di autoaiuto, dalle cooperative e dalle imprese sociali, dalle organizzazioni di volontariato, da quelle di cooperazione internazionale, dalle iniziative civiche su Internet, dai gruppi per gli orti urbani ed il verde pubblico, dai movimenti di utenti dei servizi pubblici, dai centri di consulenza e supporto dei cittadini, dai movimenti per i diritti delle donne o dei migranti, dalle mense per indigenti: «il carattere comune a queste organizzazioni di cittadinanza attiva è il loro essere attori della sfera pubblica».

 

È stato posto in evidenza come le organizzazioni civiche siano entità che si occupano di questioni pubbliche, non allo scopo di difendere specifici interessi economici, ma per perseguire l’interesse generale, differenziandosi dai partiti e dall’associazionismo politico tradizionale in quanto «non operano nell’ambiente della politica (politics), ma piuttosto in quello delle politiche (policy)». La cittadinanza attiva, inoltre, risulta essere un fenomeno «strutturalmente autonomo» che «non ha luogo in dipendenza o in connessione, anche nella forma della contrapposizione, con il potere politico e amministrativo, ma in relazione a problemi, situazioni, necessità della realtà. Il fatto che una delle linee di sviluppo di questo fenomeno a partire dai primi anni Duemila sia quella di una crescente relazione con le amministrazioni pubbliche, specialmente nel welfare, anche con derive patologiche, non elimina questo carattere di autonomia che riguarda le ragioni dell’emersione di tali esperienze. La cittadinanza attiva, cioè, si forma non per opposizione al potere politico, ma per fronteggiare problemi pubblici misconosciuti o gestiti in modo burocratico, ovvero abbandonati ai meccanismi del mercato, lì dove invece sono in gioco diritti, beni comuni e il destino di soggetti in difficoltà».

 

In ultima istanza «questo fenomeno organizzativo è portatore di un nuovo paradigma nella scena pubblica italiana» – definito come «paradigma dei risultati» – in quanto «queste organizzazioni sono orientate al fare più che al dire, più all’azione che al discorso nella sfera pubblica, là dove invece le iniziative dei cittadini sono usualmente ricondotte a ruoli di tipo espressivo. Ciò è visibile in particolare nello scarto tra queste esperienze e i programmi di democrazia partecipativa promossi dalle istituzioni pubbliche a tutti i livelli, incluso quello regionale, da almeno un decennio, in cui la partecipazione riguarda essenzialmente la discussione sulla produzione di atti amministrativi, mentre nell’esperienza della cittadinanza attiva l’obiettivo è quello di produrre effetti nella realtà»[4].

 

 

 

[1] Paper Astrid, Il principio di sussidiarietà orizzontale e le sue applicazioni: un nuovo modo di amministrare, in https://www.astrid-online.it/static/upload/protected/SUSS/SUSSIDIARIETA–ORIZZ-PaperAstrid-2003.pdf

[2] Articolo 2, Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

[3] Articolo 18, Costituzione: «[I] I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. [II] Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare».

[4] MORO G., La cittadinanza attiva: nascita e sviluppo di un’anomalia in L’italia e le sue regioni.

(https://www.treccani.it/enciclopedia/la-cittadinanza-attiva-nascita-e-sviluppo-di-un-anomalia_%28L%27Italia-e-le-sue-Regioni%29/).