Marzo 2023 – Le implicazioni paesaggistiche nella pianificazione regionale

Le implicazioni paesaggistiche nella pianificazione regionale: la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità della normativa lombarda

Posto quanto sin qui rappresentato in ordine al principio di preminenza della pianificazione paesaggistica, preme ora soffermarsi sulle relative implicazioni nella pianificazione regionale alla luce della recente sentenza Corte Costituzionale n. 251 del 19 dicembre 2022.

Con la pronuncia de qua, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 6, comma 1, lett. a), della L.R. Lombardia 16 dicembre 2021, n. 23 che, in assenza di un piano paesaggistico elaborato congiuntamente dallo Stato e dalla Regione, consente l’ampliamento della superficie dei fabbricati da destinare ad attività agrituristica, atteso che la norma introduce il rischio di pregiudicare scelte di tutela del paesaggio che devono essere necessariamente condivise, con conseguente violazione della competenza statale stabilita dall’articolo 117, secondo comma, lettera s)[1], Cost in relazione al principio di necessaria pianificazione paesaggistica e, in connessione con esso, al principio di leale collaborazione.

Nello specifico, la norma regionale ha sostituito il secondo periodo del comma 3 dell’articolo 154 della L.R. Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) – che, nel testo vigente prima della modifica, recitava: «Il riuso degli immobili rurali destinati ad agriturismo, anche distaccati, può avvenire attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento conservativo e attraverso ampliamenti necessari all’adeguamento igienico-sanitario e tecnologico. È, altresì, consentito, per una sola volta, l’ampliamento nella misura massima del dieci per cento della superficie lorda di pavimento destinata a uso agrituristico sulla base della potenzialità agrituristica risultante dal certificato di connessione» – disponendo che «è, altresì, consentito, per una sola volta, l’ampliamento nella misura massima del dieci per cento della superficie lorda dei fabbricati, individuati nel certificato di connessione, già destinati o da destinare all’attività agrituristica».

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri tale generalizzata possibilità di realizzare incrementi volumetrici nella misura anzidetta era stata prevista senza alcuna considerazione o riferimento al contesto paesaggistico: in particolare, è stato contestato al legislatore regionale di non aver tenuto conto che solo al piano paesaggistico elaborato d’intesa  tra Stato e Regione spetta stabilire per ciascuna area tutelata le prescrizioni d’uso e individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonché le condizioni delle eventuali trasformazioni determinando la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del «Codice dei beni culturali».

Del pari è stata oppugnata la violazione del principio di leale collaborazione, poiché il carattere unilaterale dell’iniziativa assunta dalla Regione si poneva in contrasto con il protocollo d’intesa sottoscritto il 21 luglio 2017 dalla Regione Lombardia e dal Ministero della cultura avente ad oggetto la redazione congiunta del piano paesaggistico.

Infine, il ricorrente ha contestato la violazione dell’articolo 9 Cost., a causa dell’abbassamento del livello di tutela paesaggistica determinato dalla norma impugnata.

La Regione, nel richiedere la dichiarazione di inammissibilità delle questioni promosse, ha rilevato che la norma impugnata, avendo carattere urbanistico, era espressione della competenza legislativa regionale in materia di governo di territorio ex articolo 117, comma 3 Cost. e di quella esclusiva in materia di agricoltura, senza porsi in contrasto con i principi generali di tutela del paesaggio sanciti dal Codice. Pertanto, ad avviso della resistente, la doglianza del ricorrente legata alla mancanza di un piano paesaggistico predisposto in attuazione del principio di leale collaborazione non poteva tradursi in una censura avverso una norma disciplinante altro.

La Corte Costituzionale, nel dichiarare fondate le questioni sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, ha osservato che, consentendo l’ampliamento nella misura massima del dieci per cento della superficie lorda (e non di pavimento) dei fabbricati da destinare ad attività agrituristica,  la disposizione regionale impugnata ha introdotto la possibilità di aumentare la volumetria degli edifici esistenti in zona agricola senza prevedere al contempo una espressa e adeguata clausola di salvaguardia dei beni sottoposti a tutela paesaggistica.

Ad avviso della Corte, «nel caso di specie, d’altro canto, l’omessa indicazione, da parte della norma regionale impugnata, della espressa necessità di rispettare il piano paesaggistico o il codice di settore non può ritenersi compensata dalla possibilità di un’interpretazione rispettosa dei vincoli suddetti». Infatti, come ripetutamente affermato dalla Consulta, «una tale omissione non determina di per sé l’illegittimità costituzionale della disposizione solo ove nella stessa regione sia operante un piano paesaggistico approvato secondo quanto previsto dagli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali (sentenze n. 187 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 54 del 2021). Laddove invece un piano paesaggistico codeciso tra lo Stato e la regione non sia stato ancora approvato, “occorre maggiore cautela nel valutare la portata precettiva delle norme che intersechino profili attinenti con tale pianificazione”, e ciò “[n]on perché la Regione non possa in nessun caso attivare le proprie competenze legislative, ma perché va evitato il rischio che esse […] permettano il consolidamento di situazioni tali da ostacolare il compiuto sviluppo della pianificazione paesaggistica” (sentenza n. 187 del 2022)».

Dirimente è stata, quindi, la circostanza che la pianificazione paesaggistica nella Regione Lombardia è attualmente rimessa non a un piano codeciso fra Stato e Regione, ma al piano territoriale regionale (PTR): «per quanto, dunque,  non si possa negare che la Regione Lombardia risulti dotata – e lo sia in effetti già da prima dell’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio – di uno strumento di pianificazione specificamente orientato alla tutela del paesaggio, tuttora operante come parte del PTR, è altrettanto evidente che tale pianificazione esprime scelte imputabili in via esclusiva alla Regione stessa, alle quali lo Stato è rimasto estraneo, e che resta ancora inattuato, nella Regione, il modello di pianificazione paesaggistica prescritto dal medesimo Codice, il cui tratto caratterizzante è costituito appunto dall’elaborazione congiunta dello Stato e della Regione».

L’indiscussa prevalenza del piano paesaggistico così elaborato – ripetutamente ribadita dalla Corte – non costituisce una mera petizione di principio, ma sottende quel dovere di assicurare «che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti» previsto dal comma 1 dell’articolo 135 e che rinviene il suo imprescindibile presupposto nella visione d’insieme delle aree da tutelare e dei contesti in cui le medesime sono inserite.[2]

I principi di elaborazione congiunta, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico si impongono, quindi, al legislatore regionale, il quale non può né esplicitamente derogare ai vincoli della pianificazione paesaggistica, né aggirarli introducendo, in assenza del piano codeciso, previsioni atte a pregiudicare le scelte condivise di tutela che nel piano stesso troveranno necessaria espressione.

In definitiva, «la mancanza di un piano paesaggistico frutto del pieno coinvolgimento dello Stato e della Regione e l’impossibilità di trarre dalla normativa regionale un’interpretazione tale da far ritenere comunque operanti i vincoli paesaggistici determinano l’illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in relazione al principio della necessaria copianificazione paesaggistica e, in connessione con esso, al principio di leale collaborazione»; a ciò si aggiunge che «è violato, infine, anche l’art. 9 Cost. in ragione dell’evidente abbassamento del livello di tutela paesaggistica derivante da una previsione che estende la possibilità di ampliamento dei fabbricati rurali, senza considerare gli effetti sul paesaggio».

 

[1] L’articolo 117, comma 2 dispone che: «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:(…) s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali».

[2] tra le più recenti, sentenze n. 240, n. 229, n. 221, n. 192, n. 187, n. 45 e n. 24 del 2022; n. 261, n. 257, n. 251, n. 201, n. 164, n. 141, n. 74, n. 54 e n. 29 del 2021; n. 276 e n. 240 del 2020.