Novembre 2022 – Interventi eseguiti in assenza o difformità autorizzazione paesaggistica

Interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica: le sanzioni dettate dagli articoli 167 e 181 del D.lgs. n. 42 del 2004

 

Esposta la normativa in materia di vincoli paesaggistici recata dal Codice nella sua Parte Terza – seppur per sommi capi e con preminente riguardo alla disciplina concernente l’autorizzazione paesaggistica – giova ora passare all’esame della Parte Quarta, relativa alle «Sanzioni», la quale è suddivisa in due titoli: il TITOLO I, che individua le «Sanzioni amministrative»[1], ed il TITOLO II, che detta le «Sanzioni penali»[2], entrambi a loro volta composti da un primo Capo dedicato alle «Sanzioni relative alla Parte seconda» ed un secondo Capo dedicato alle «Sanzioni relative alla Parte terza».

Tanto precisato, in questa sede preme soffermarsi sulle disposizioni di cui agli articoli 167 e 181 del D.lgs. n. 42/2004, che recano – rispettivamente – le sanzioni amministrative e penali relative alle violazioni della disciplina della Parte Terza del Codice in tema di «Beni paesaggistici».

L’articolo 167[3] del D.lgs. n. 42 del 2004 è rubricato «Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria»: al primo comma prevede che «in caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4».

Al comma secondo si prescrive che «con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere» ed il comma terzo sancisce che «in caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d’ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall’accertamento dell’illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d’intesa tra il Ministero e il Ministero della difesa».

I commi quarto e quinto della norma de qua regolano le limitate ipotesi in cui è ammissibile la cd. «sanatoria paesaggistica postuma» e saranno oggetto di puntuale trattazione[4]: basti qui ricordare che in tali casi, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una sanzione pecuniaria e – come prescritto dal comma sesto – «le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5 […] sono utilizzate, oltre che per l’esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall’amministrazione per l’esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti».

Venendo ora all’esame dell’articolo 181 – rubricato «Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa» – giova ricordare che esso è contenuto nel Capo II del Titolo II della Parte Quarta del Codice, dettando dunque le sanzioni penali applicabili in caso di violazione delle disposizioni recate dalla Parte Terza con riferimento ai cd. «Beni paesaggistici».

Il primo comma della norma dispone che «chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380[5]», aggiungendo, al comma 1-bis, che la pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al primo comma «[…] abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi[6]».

Il comma 1-ter sancisce, inoltre, che «ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:

  1. per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  2. per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
  3. per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».

Il comma 1-quater difatti – similmente a quanto previsto dal comma quarto e quinto dell’articolo 167 – consente al «proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter» di presentare «apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni».

Il comma 1-quinquies dispone che «la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1», mentre il comma secondo stabilisce, infine che «con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione».

[1] Il TITOLO I («Sanzioni Amministrative») è composto dal Capo I (che reca «Sanzioni relative alla Parte seconda» dall’articolo 160 all’articolo 166) e dal Capo II, che assume qui rilievo in quanto dedicato alle «Sanzioni relative alla Parte terza» (ovvero, come detto, alla normativa in tema di «Beni paesaggistici») ed all’interno del quale sono rinvenibili gli articoli 167 («Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria») e 168 («Violazione in materia di affissione»).

[2] Il TITOLO II («Sanzioni penali») al Capo I (articoli da 169 a 180) detta le «Sanzioni relative alla Parte seconda» (concernenti, pertanto, l’inosservanza delle disposizioni in materia di «Beni Culturali»), mentre le «Sanzioni relative alla Parte terza» – ovvero quelle riguardanti la violazione delle norme in materia di «Beni paesaggistici» – sono individuate al Capo II, il quale consta unicamente dell’articolo 181 («Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa»).

[3] Articolo modificato dall’articolo 1, comma 36, lettera a), della l. n. 308/2004 e successivamente sostituito dall’articolo 27, comma 1, del D.lgs. n. 157/2006.

[4] Cfr. paragrafo 5.

[5] Si rammenta che a mente del primo comma dell’articolo 44 del D.P.R. n. 380/2001 – rubricato «Sanzioni penali» – «salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

[…]

  1. l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso».

[6] La Corte Costituzionale, con sentenza n. 56/2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma de qua nella parte in cui prevede «: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed».