Novembre 2022 – tutela del paesaggio codice beni culturali

Breve excursus storico in ordine all’evoluzione normativa in materia di tutela del paesaggio e del patrimonio culturale italiano: il principio fondamentale affermato dall’articolo 9 della Costituzione

 

La presente disamina intende delineare i tratti principali della disciplina attualmente vigente in tema di tutela paesaggistica, con particolare riferimento alla realizzazione di interventi edilizi su immobili vincolati.

Al riguardo appare opportuno fornire un breve excursus dell’evoluzione normativa in materia, ricordando per sommi capi come la – seppur risalente – attenzione al patrimonio storico e culturale italiano abbia trovato un significativo approdo dapprima nella legge n. 778 del 1922 e, successivamente, nelle due leggi del 1939, la n. 1497 («Protezione delle bellezze naturali») e la n. 1089 («Tutela delle cose di interesse artistico e storico»), passando poi per la legge n. 431 del 1985 (di conversione del d.l. n. 312/1985, meglio nota come cd. «Legge Galasso») e per il D.lgs. n. 490/1999 (cd. «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali»), per giungere all’attuale D.lgs. n. 42 del 2004 recante il cd. «Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio»[1].

L’analisi che segue avrà ad oggetto il quadro legislativo odierno imperniato proprio sul richiamato Codice, ma non può che essere condotta muovendo dall’articolo 9 della Costituzione, con cui si afferma che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali[2]».

Preme osservare come la tutela del paesaggio ad oggi assurga, pertanto, a principio fondamentale dell’ordinamento giuridico in un’ottica che – come dimostra la recente riforma che ha ampliato l’oggetto della norma costituzionale – risulta sempre più orientata verso la tutela ambientale[3].

Orbene, in questa sede ci si soffermerà nell’analizzare quegli aspetti che caratterizzano quello che potrebbe essere definito come lo «stato legittimo dell’immobile in ambito paesaggistico», ponendo l’attenzione sul procedimento autorizzatorio e sul relativo profilo sanzionatorio, nonché sul rapporto con la disciplina edilizia degli interventi.

 

 

 

Il quadro legislativo attuale delineato dal D.lgs. n. 42 del 2004: il cd. «Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio»

 

Sulla scorta delle premesse di ordine introduttivo fin qui poste è possibile esaminare la disciplina attualmente vigente dettata dal D.lgs. n. 42 del 2004: in proposito si ritiene utile procedere seguendo la struttura del cd. «Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio», preliminarmente rilevando che esso è suddiviso in cinque parti.

La Parte Prima contiene – agli articoli da 1 a 9-bis – le «Disposizioni generali», rispetto alle quali appare rilevante richiamare i «Principi» di cui all’articolo 1, norma che si apre enunciando che «in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice» ed affermando che «la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura», ponendo l’onere di garantirne la conservazione tanto sui privati quanto soggetti pubblici, aggiungendo – per questi ultimi – anche quello di assicurarne la pubblica fruizione, oltre che la valorizzazione.

Parimenti di rilievo è il successivo articolo 2, con il quale viene sancito che «il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici»: al riguardo il comma secondo definisce i «beni culturali» come «le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà», mentre il comma terzo stabilisce che «sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge».

Tale distinzione si riverbera sulla composizione del Codice, che nella sua Parte Seconda disciplina i «Beni culturali» e nella sua Parte Terza i «Beni paesaggistici», comminando le relative «Sanzioni» – amministrative e penali – nella Parte Quarta e regolando «Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore» nella Parte Quinta[4].

Tanto chiarito, la presente trattazione si propone di approfondire – senza peraltro alcuna pretesa di esaustività – la normativa in tema di tutela paesaggistica ponendo l’accento sui tratti essenziali della Parte Terza e Quarta del Codice e, particolarmente, su alcune delle disposizioni di maggior rilievo.

La Parte Terza è composta unicamente dal TITOLO I all’interno del quale, suddivisi in vari Capi, si rinvengono molteplici precetti in ordine alla «Tutela e valorizzazione» dei «Beni paesaggistici»: il Capo I – «Disposizioni generali» (articoli da 131 a 135) – all’articolo 131[5] reca la definizione di «Paesaggio», stabilendo al primo comma che «per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni».

Al comma secondo la norma afferma che il Codice de quo «tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali» ed al terzo comma che «salva la potestà esclusiva dello Stato di tutela del paesaggio quale limite all’esercizio delle attribuzioni delle regioni […] sul territorio, le norme del presente Codice definiscono i principi e la disciplina di tutela dei beni paesaggistici[6]».

Il comma quarto dell’articolo 131 sancisce che «la tutela del paesaggio, ai fini del presente Codice, è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. I soggetti indicati al comma 6, qualora intervengano sul paesaggio, assicurano la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari» ed il comma quinto che «la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tale fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela». Il comma sesto, da ultimo, prescrive che «lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell’esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità».

Al riguardo preme evidenziare come il Consiglio di Stato si sia recentemente espresso in ordine alla nozione di «paesaggio» per come evincibile, oltre che dall’articolo 131 in commento, anche dalla «Convenzione europea del paesaggio» del 20 ottobre 2000: il Supremo Consesso amministrativo, pur riconoscendo che «la Convenzione introduce un concetto certamente ampio di “paesaggio”, non più riconducibile al solo ambiente naturale statico, ma concepibile quale frutto dell’interazione tra uomo e ambiente, valorizzando anche gli aspetti identitari e culturali» e che l’articolo 131 riprende la formulazione di detta Convenzione, ha tuttavia condotto un esame ermeneutico che ha portato a restringerne, piuttosto che ampliarne, il campo applicativo, contrastando così quella tesi che – ricollegandovi anche il concetto di «ambiente» – ne ravvisa una portata più estesa (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 624/2022)[7].

L’articolo 134 del Codice, come anticipato, afferma che «sono beni paesaggistici:

  1. gli immobili e le aree di cui all’articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;
  2. le aree di cui all’articolo 142;
  3. gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156».

L’articolo 135 del Codice – rubricato «Pianificazione paesaggistica» – sancisce che «lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: “piani paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143», disponendo al comma secondo che «i piani paesaggistici, con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti»[8].

Orbene, l’«Individuazione dei beni paesaggistici» viene poi compiutamente disciplinata al Capo II (articoli da 136 a 142), mentre la «Pianificazione paesaggistica» forma oggetto del Capo III (articoli da 143 a 145).

Si noti, dunque, che l’articolo 136 – rubricato «Immobili ed aree di notevole interesse pubblico» – prescrive che «sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico:

  1. le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;
  2. le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
  3. i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
  4. le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze».

I successivi articoli da 137 a 141-bis disciplinano il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, ivi inclusa l’istituzione di apposite commissioni provinciali con il compito di formulare proposte a tal uopo.

Ai sensi del primo comma dell’articolo 142 – rubricato «Aree tutelate per legge» – «sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

  1. i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
  2. i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
  3. i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
  4. le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
  5. i ghiacciai e i circhi glaciali;
  6. i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
  7. i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227[9];
  8. le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
  9. le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
  10. i vulcani;
  11. le zone di interesse archeologico»[10].

Passando all’analisi dell’articolo 143 – norma di rilievo contenuta nel Capo III, con la quale si disciplina il «Piano paesaggistico» – preme qui evidenziare, segnatamente, il disposto di cui al primo comma, a mente del quale «l’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno:

  1. ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135;
  2. ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis;
  3. ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;
  4. eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1;
  5. individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione;
  6. analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
  7. individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela;
  8. individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;
  9. individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3».

In argomento si rammenta brevemente, con riguardo alla Regione Lombardia, che il Piano Territoriale Regionale («PTR»), in applicazione dell’articolo 19 della L.R. n. 12 del 2005 per il governo del territorio, ha natura ed effetti di piano territoriale paesaggistico ai sensi della legislazione nazionale[11].

Rinviando la puntuale disamina del Capo IV – ed in particolare dell’articolo 146 – al paragrafo che segue, giova evidenziare che al Capo V – composto dagli articoli da 156 a 159 – sono state dettate «Disposizioni di prima applicazione e transitorie», tra le quali rileva – per quanto qui di interesse – l’articolo 157[12], in quanto con tale norma si fornisce un elenco di provvedimenti ed atti emessi ai sensi della normativa previgente che conservano efficacia a tutti gli effetti.

 

[1] https://rivista.inarcassa.it/professione/normativa-paesaggistica-storia-ed-evoluzione

[2] Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 1, l. cost. n. 1/2022.

[3] https://www.altalex.com/guide/articolo-9-della-costituzione.

[4] Il cd. «Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio» comprende, inoltre, due Allegati.

[5] Articolo modificato dall’articolo 3, comma 1, del D.lgs. n. 157/2006 e successivamente sostituito dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.lgs. n. 63/2008.

[6] La Corte Costituzionale, con sentenza n. 226/2009, ha dichiarato l’illegittima costituzionale del presente comma, nella parte in cui include le Province autonome di Trento e di Bolzano tra gli enti territoriali soggetti al limite della potestà legislativa esclusiva statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

[7] Nota a sentenza di Federico Votta, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc. 5-6, 1° OTTOBRE 2021, pag. 862.

[8] Si ritiene di evidenziare altresì il disposto di cui ai commi terzo e quarto, con cui si prevede che «in riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d’uso, per le finalità indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualità» e che «per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare:

  1. alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici;
  2. alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate;
  3. alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio;
  4. alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO».

[9] Attesa l’abrogazione di tale norma, attualmente il riferimento è agli articoli 3 e 4 del D.lgs. n. 34 del 2018.

[10] Il comma secondo prevede, inoltre, che «la disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985:

  1. erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;
  2. erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;
  3. nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865».

Il comma terzo statuisce che «la disposizione del comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall’articolo 140, comma 4»; il comma quarto dispone che «resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’articolo 157».

[11] https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/Enti-e-Operatori/territorio/paesaggio/piano-paesaggistico-regionale/piano-paesaggistico-regionale

[12] Rubricato «Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente».