Ottobre 2022 – Sanatoria edilizia accertamento conformita

La cd. «sanatoria edilizia»: l’accertamento di conformità disciplinato dagli articoli 36 e 37, comma 4 del D.P.R. n. 380/2001

Nell’ambito della presente disamina è già stato chiarito che, come noto, al fine di regolarizzare eventuali abusi è possibile – ricorrendone i presupposti – procedere con la cd. «sanatoria edilizia» operante a regime ordinario.

Al riguardo occorre richiamare ed analizzare gli articoli 36 (rubricato «Accertamento di conformità») e 37 (rubricato «Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità»), comma 4 del D.P.R. n. 380/2001, che disciplinano l’accertamento di conformità in caso, rispettivamente, di interventi eseguiti in assenza o in difformità dal permesso di costruire o dalla S.C.I.A. in alternativa al permesso di costruire ex articolo 23, comma 01, ovvero realizzati in assenza o in difformità dalla S.C.I.A. (cd. «normale») richiesta ex articolo 22, commi 1 e 2 del medesimo testo unico[1], prevedendo la possibilità di ottenere la cd. «sanatoria» laddove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione della domanda (cd. «doppia conformità»).

In particolare, l’articolo 36 – nello stabilire che tale possibilità è data «fino alla scadenza dei termini di cui agli articolo 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative» – subordina il rilascio del permesso in sanatoria «al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso»; ai sensi del comma terzo «sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata».

L’articolo 37 del D.P.R. n. 380/2001 – che regola l’istituto de quo al comma quarto – prevede il versamento della somma, «non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio».

Entrambe le norme in commento prevedono che legittimati alla richiesta di sanatoria – e tenuti, dunque, ai suddetti adempimenti – sono il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile.

Come osservato, il requisito fondamentale necessario per l’operare della sanatoria de qua è quello della cd. «doppia conformità»: al riguardo preme evidenziare alcuni degli arresti giurisprudenziali di maggior rilievo, che hanno espresso posizioni contrarie sia in ordine alla cd. «sanatoria giurisprudenziale», sia con riferimento alla cd. «sanatoria condizionata».

Per quanto attiene alla cd. «sanatoria giurisprudenziale» – la quale «si fonda sul presupposto che la sanatoria potrebbe essere concessa in forza della sola conformità dell’intervento abusivo alla normativa urbanistica vigente nel momento in cui l’autorità provvede sulla domanda, a prescindere dal contrasto con lo strumento urbanistico vigente all’epoca dell’abuso» – il Consiglio di Stato ha, difatti, recentemente ricordato che «l’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001, nel disciplinare l’accertamento di conformità, ossia quello strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, ma conformi alla normativa applicabile, richiede che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza di sanatoria, non potendosi affatto accogliere l’istituto della c.d. sanatoria giurisprudenziale, la cui attuale praticabilità è stata da tempo esclusa dalla giurisprudenza medesima», ciò poiché «tale approdo, che richiede la verifica della ‘doppia conformità’, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità» (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5948/2021; cfr. anche Consiglio di Stato, sez. VI, n. 43/2021 che sul punto richiama Corte Costituzionale, n. 232 del 2017).

Del pari, relativamente alla cd. «sanatoria condizionata», è stato precisato che «è la stessa qualificazione in termini di sanatoria del provvedimento scolpito dall’articolo 36 che importa l’esclusione dal suo ambito di quelle opere progettate al fine di ricondurre l’opus nel perimetro di ciò che risulti conforme alla disciplina urbanistica e quindi assentibile. Questo Consiglio […] ha quindi rilevato che il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida statuizione normativa poiché si farebbe a meno della doppia conformità dell’opera richiesta dalla norma se si ammettesse l’esecuzione di modifiche postume rispetto alla presentazione della domanda di sanatoria» (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1874/2019).

Nel solco di tale orientamento del Consiglio di Stato, si rinvengono pure molteplici pronunce amministrative di merito che ritengono inammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria subordinata all’esecuzione di opere edilizie, anche laddove finalizzate a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità, poiché una diversa soluzione ermeneutica contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica (T.A.R. Bari, sez. I, n. 1454/2021): difatti, corollario dei requisiti richiesti dall’articolo 36 è che il titolo in sanatoria non possa contenere alcuna prescrizione poiché altrimenti postulerebbe, in contrasto con la normativa di riferimento, non già la «doppia conformità» delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, «condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura ed incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni» (T.A.R. Perugia, sez. I, n. 49/2022).

Giova segnalare, infine, che detto orientamento teso ad escludere l’ammissibilità di una cd.  «sanatoria condizionata», si riscontra altresì nella giurisprudenza in tema di reati urbanistici (cfr. Cassazione penale, sez. III, n. 23427/2022; Cassazione penale, sez. III, n. 13084/2019)[2].

[1] Per il disposto di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 22 del D.P.R. n. 380/2001 cfr. nota a par. 5.

[2] https://www.lavoripubblici.it/news/sanatoria-edilizia-condizionata-legittima-chiarisce-cassazione-28936