SETTEMBRE 2022 – Destinazioni uso ed usi temporanei DPR 380

Le novità in materia di destinazioni d’uso: il mutamento d’uso urbanisticamente rilevante ex articolo 23-ter e gli usi temporanei ex articolo 23-quater del D.P.R. n. 380/2001

 

L’articolo 23-ter del D.P.R. n. 380/2001, rubricato «Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante» è stato introdotto ad opera del cd. «Decreto Sblocca-Italia» nel 2014 e successivamente modificato dal cd. «Decreto Semplificazioni» nel 2020[1].

Allo stato attuale la norma in parola sancisce che «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

  1. a) residenziale;

a-bis) turistico-ricettiva;

  1. b) produttiva e direzionale;
  2. c) commerciale;
  3. d) rurale».

Il comma secondo prevede che «la destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis»: tale disposizione è stata sostituita ad opera del cd. «Decreto Semplificazioni» che ha operato un rinvio alle regole per la definizione dello stato legittimo introdotte dal medesimo testo legislativo[2], atteso che la formulazione previgente del comma in esame stabiliva che la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare fosse da individuarsi in quella prevalente in termini di superficie utile.

L’articolo 23-ter si chiude prescrivendo, al terzo comma, che «le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito».

Un’ulteriore norma statale rilevante in materia è rappresentata dal successivo articolo 23-quater, rubricato «Usi temporanei», che deve la sua introduzione alla richiamata novella del 2020[3]: il cd. «Decreto Semplificazioni» ha inserito, difatti, nell’articolato del cd. «Testo Unico Edilizia», la disposizione de qua, che consente – sulla falsariga di quanto già previsto nella Regione Lombardia dall’articolo 51-bis della L.R. n. 12/2005 a seguito della L.R. n. 18/2019 in tema di rigenerazione urbana – gli usi temporanei.

In particolare, il primo comma dell’articolo 23-quater dispone che «allo scopo di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale, il comune può consentire l’utilizzazione temporanea di edifici ed aree per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico»; a mente del successivo comma secondo «l’uso temporaneo può riguardare immobili legittimamente esistenti ed aree sia di proprietà privata che di proprietà pubblica, purché si tratti di iniziative di rilevante interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi urbanistici, socio-economici ed ambientali indicati al comma 1».

Al comma terzo si prevede che l’uso temporaneo «è disciplinato da un’apposita convenzione che regola:

  1. a) la durata dell’uso temporaneo e le eventuali modalità di proroga;
  2. b) le modalità di utilizzo temporaneo degli immobili e delle aree;
  3. c) le modalità, i costi, gli oneri e le tempistiche per il ripristino una volta giunti alla scadenza della convenzione;
  4. d) le garanzie e le penali per eventuali inadempimenti agli obblighi convenzionali», ed al successivo comma quarto che «la stipula della convenzione costituisce titolo per l’uso temporaneo e per l’esecuzione di eventuali interventi di adeguamento che si rendano necessari per esigenze di accessibilità, di sicurezza negli ambienti di lavoro e di tutela della salute, da attuare comunque con modalità reversibili, secondo quanto stabilito dalla convenzione medesima».

Il comma da 5 della norma sancisce che «l’uso temporaneo non comporta il mutamento della destinazione d’uso dei suoli e delle unità immobiliari interessate» ed il comma sesto che «laddove si tratti di immobili o aree di proprietà pubblica il soggetto gestore è individuato mediante procedure di evidenza pubblica; in tali casi la convenzione specifica le cause di decadenza dall’assegnazione per gravi motivi»; il comma settimo afferma che «il consiglio comunale individua i criteri e gli indirizzi per l’attuazione delle disposizioni del presente articolo da parte della giunta comunale. In assenza di tale atto consiliare lo schema di convenzione che regola l’uso temporaneo è approvato con deliberazione del consiglio comunale».

Il comma 8 chiude la disposizione prevedendo che «le leggi regionali possono dettare disposizioni di maggior dettaglio, anche in ragione di specificità territoriali o di esigenze contingenti a livello locale».

 

[1] Più nel dettaglio, la norma de qua è stata inserita dall’articolo 17, comma 1, lettera n) del D.L. n. 133/2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 164/2014 (cd. «Decreto Sblocca Italia») e successivamente modificata dall’articolo 10, comma 1, lettera m), del D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni») che ha disposto la sostituzione del comma 2.

[2] Cfr. Relazione illustrativa al D.L. n. 76/2020.

[3] La norma in commento è stata inserita dall’articolo 10, comma 1, lettera m-bis), del D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020 (cd. «Decreto Semplificazioni»).